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Oceano Atlantico, quantità di plastica 10 volte maggiore di quanto si pensava
Stando a uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications nelle acque dell’Atlantico si nasconde molta più plastica del previsto: la sua quantità è almeno 10 volte maggiore di quanto stimato finora.
La ricerca scientifica svolta dal National Oceanography Center (Noc) – enti britannico – ha misurato per la prima volta campioni d’acqua provenienti da varie profondità e riscontrando la presenza di microscopici frammenti, stimando che nei primi 200 metri sotto la superficie siano presenti circa 21 milioni di tonnellate. Durante la 26ma spedizione, i ricercatori hanno raccolto campioni di acqua in 12 siti, lungo un’area di circa 10.000 chilometri da Nord a Sud nell’Oceano Atlantico. I ricercatori si sono soffermati in particolare sulla misurazione della quantità di particelle di polietilene, polipropilene e polistirene, le tre materie plastiche più comuni che insieme costituiscono oltre la metà dei rifiuti di plastica globali. In ogni sito di analisi sono stati raccolti campioni da tre profondità differenti: a 10 metri, 30 metri e a 100 metri. Sono state rivelate fino a 7.000 particelle di questi tre tipi di polimeri (di dimensioni comprese fra 32 e 651 milionesimi di metro) per metro cubo di acqua. Secondo la stima dei ricercatori la massa di microplastiche “invisibili”, che si trova nei primi 200 metri dell’Oceano Atlantico, è compresa fra 12 e 21 milioni di tonnellate.
Infine, sulla base delle tendenze di generazione dei rifiuti di plastica dal 1950 ad oggi, gli autori della ricerca calcolano che nelle acque dell’Atlantico siano presenti tra 17 e 47 milioni di tonnellate di plastica, nascoste tra i sedimenti e le acque. Considerando l’Oceano Pacifico, che si estende tra pesi che non hanno ancora aderito a limitazione di materie così dannose e che nell’ultimo ventennio hanno promosso una accelerazione industriale senza precedenti, si potrebbe calcolare che nei mari si sta definendo una situazione devastante e irreparabile.
La plastica è l’elemento più dannoso e distruttivo per l’ambiente, dal 1950 ad oggi ci stiamo ostinando ad usare il materiale meno idoneo per l’uso più sbagliato! Non è sufficiente lasciare la responsabilità nelle mani ricerca scientifica: l’umanità deve imporsi per ridurne l’uso e sostituire l’uso della plastica.
Che cosa si sta facendo?
Esiste una macchina per ripulire gli oceani
La visione di Boyan Slat è diventata realtà. Sono passati cinque anni da quando Slat, appena diciannovenne, ha lasciato gli studi in ingegneria aerospaziale per dedicarsi alla sua missione, pulire gli oceani dalla plastica. Il ragazzo prodigio olandese ha fondato la ong Ocean Cleanup e ha progettato una macchina per raccogliere rifiuti plastici dal mare sfruttando le correnti oceaniche. Dopo uno studio di fattibilità e una campagna di raccolta fondi di successo, il macchinario chiamato Ocean Array Cleanup è pronto per essere testato sul campo. Entro poche settimane l’Ocean Array Cleanup salperà da San Francisco diretto verso il Pacific Trash Vortex, la grande isola di plastica che galleggia nell’oceano Pacifico, tra la California e le Hawaii. “La pulizia degli oceani del mondo è dietro l’angolo”, ha commentato euforico Slat.
La prima macchina per ripulire gli oceani, progettata da Boyan Slat, sarà operativa da luglio e avrà come primo obiettivo l’isola di spazzatura nel Pacifico
Solo il primo passo
La prima missione dell’Ocean Array Cleanup rappresenta un test sul campo per valutare il funzionamento della macchina e rilevare eventuali problemi prima di estendere il progetto. Ocean Cleanup ha infatti l’obiettivo di installare sessanta piattaforme galleggianti giganti in varie aree del pianeta entro il 2020.
L’isola di plastica che minaccia gli oceani
Il Pacific Trash Vortex è un colossale accumulo di spazzatura galleggiante, composto perlopiù da plastica, la sua superficie è maggiore di quelle di Francia, Germania e Spagna ed è composto da almeno 79mila tonnellate di plastica. “La maggior parte dei detriti è di grandi dimensioni – ha affermato Boyan Slat. – Si tratta di una bomba ad orologeria perché tutti questi grandi oggetti si trasformeranno in microdetriti nelle prossime decadi se non agiamo”. La grande isola di plastica è costituita soprattutto da attrezzi da pesca abbandonati, come reti e corde, e ogni anno provoca la morte di migliaia di balene, delfini e foche.
Pulizia e prevenzione
La Ocean Cleanup prevede di autofinanziarsi grazie alla vendita della plastica oceanica che alcuni brand, come Adidas, hanno iniziato a sfruttare comprendendone l’appeal sui consumatori. La pulizia degli oceani, per quanto efficace, da sola non può però bastare, è necessario combattere alla fonte l’inquinamento che sta lentamente uccidendo i mari del mondo con gravi ricadute anche sulla nostra specie. “Dobbiamo pulire, ma dobbiamo anche prevenire che la plastica entri negli oceani. Meglio riciclare, meglio usare questi materiali in creazioni di design e regolamentare questi rifiuti. Abbiamo bisogno di combinare queste soluzioni”, ha dichiarato Boyan Slat.